Titolo: L'incubo di Hill House
Autrice: Shirley Jackson
Casa e anno di pubblicazione: Adelphi, 1959
Prezzo: €12,00
Inauguro questa nuova stagione di articoli sul blog con, strano ma vero, un libro che mi è piaciuto. Sparare sulla croce rossa è facile, sviscerare i libri brutti e i motivi per cui sono brutti è divertente ma poco stimolante, i motivi per cui un dato libro è dal gusto discutibile sono talmente evidenti che è sorprendente che a qualcuno piaccia davvero. La vera sfida, per quello che mi riguarda, è sui libri che reputo belli, sul ricercare i motivi per cui hanno toccato le corde giuste e quali sono queste corde che hanno fatto vibrare, un motivo che sorpassi il semplice "mi è capitato al momento giusto".
Una delle mie più grandi croci è che sono una delle cosiddette mood reader, una lettrice che guarda molto all'umore del momento e si lascia guidare dall'ispirazione di una copertina, dalla fama di un libro e qualche volta da una trama accattivante, quindi per buona parte è vero che un libro che mi è piaciuto mi è capitato per le mani al momento giusto, ma stavolta cercherò di argomentare in maniera più obiettiva.
In primo luogo devo ammettere di essermi approcciata a questo genere con la curiosità da neofita. Avevo già letto Jane Eyre che è considerato per alcuni versi un libro gotico (anche se la componente gotica, costituita dalla casa di Rochester, non era al centro totale della vicenda), però la mia esperienza finiva lì. E anche a "The Italian" di Ann Radcliffe, ma di quel libro ricordo molto poco perché l'ho letto due o tre anni fa ormai. Essendo curiosa ma un po' riluttante riguardo, sono rimasta piacevolmente colpita dallo stile dell'autrice, a metà tra il sognante e il pragmatico (anche se devo ammettere che mi ha infastidita un po' che nella traduzione mancassero tutte le d eufoniche che mi facevano sempre inciampare nella lettura, anche leggevo nella mente), con descrizioni studiate meticolosamente, spiegazioni messe nel posto giusto al momento giusto e colpi di scena da maestro, che mi hanno in più di un'occasione fatto venire le palpitazioni. All'inizio avevo una sensazione di vaghezza eccessiva, mi sembrava sempre che ci fosse qualcosa che sfuggiva alla mia logica, soprattutto nei dialoghi tra Eleanor e Theodora, che mi sembravano senza né capo né coda, ma ogni volta che pensavo che ci fosse qualcosa che non andavo o di sbagliato, alla fine la mia curiosità è stata soddisfatta, in un modo o nell'altro. Sono rimasta sconvolta dai personaggi dalle personalità appena accennate che allo stesso tempo sono molto sfaccettate proprio perché non si capisce mai fino in fondo dove le frasi dette a metà (e anche quelle dette per intero, se è per questo) vogliano andare a parare, se i personaggi fossero seri oppure scherzassero. Alla fine per amor di precisione sono andata a cercarmi un'interpretazione di quello che avevo letto per essere sicura di quello che avevo ipotizzato. Wikipedia suggerisce tre possibili interpretazioni (e qui cominciano gli spoiler quindi se non avete letto il libro e volete recuperarvelo andate a leggerlo e poi tornate qui a dirmi se vi è venuta in mente):
1. I fenomeni soprannaturali non esistono. I protagonisti erano andati in quella casa convinti di trovarci degli spiriti e la loro mente gli ha giocato brutti scherzi, soprattutto a Eleanor, quella più fragile del gruppo, forse complice il fatto che sua madre è appena morta, sta cercando il suo posto nel mondo, vuole riscattarsi da sua sorella e dal cognato, forse persino da Theodora che non si capisce mai se le voglia davvero bene o se la prende in giro. Secondo me questa è molto plausibile, più volte ho pensato che in quella casa non ci fosse traccia del soprannaturale e che si stessero immaginando tutto a ragione del fatto che erano "andati lì apposta" per scoprire le presenze.
2. L'interpretazione più semplice è che le presenze esistessero davvero e abbiano chiamato a loro Eleanor, come già detto la più plasmabile del gruppo. Questa spiegazione, forse per la sua banalità, è quella che mi piace di meno, sarei delusa se la ragione di quel finale fosse così "banale", per quanto plausibile.
3. Eleanor è il fantasma di Hill House. Onestamente questa è la mia preferita, quella a cui ho pensato subito. Avete presente il film "The Others", in cui nel finale si scopre che la famiglia che lo spettatore ha seguito per tutte le vicende del film non era la "vera" famiglia che abitava la casa, ma quella che la infestava? Ecco il principio è più meno lo stesso. A partire dalle prime righe (che sono le stesse che chiudono la storia, in un circolo potenzialmente senza fine in cui il lettore si ritrova incastrato, in cui si dice che "qualunque cosa si muovesse lì dentro, si muoveva da sola", viene suggerita questa possibilità. Il fatto che sia proprio Eleanor a percepire le "presenze", a sentirsi attratta dalla casa, che fosse lei l'oggetto dei messaggi che vengono trovati in un paio di occasioni, il fatto che ribadisca più e più volte che non ha paura degli spiriti nonostante sia chiaro che gli altri se la stiano facendo sotto, che non accusi mai la stanchezza anche dopo una giornata particolarmente stressante e tutti i dialoghi surreali che la vedono coinvolta non fanno altro che avvalorare questa ipotesi, per quello che mi riguarda.
Ho constatato con profonda tristezza e sconcerto che questo libro non arriva nemmeno alle quattro stelle nella media delle valutazioni su Goodreads, ma da parte mia le cinque stelle erano d'obbligo
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