Questo libro ha un pregio: a un certo punto finisce. Accanto alle descrizioni confusionarie a cui Bardugo ci ha abituati, accanto a un sistema magico semplice che viene costantemente complicato senza che ce ne sia un effettivo bisogno, in questo libro viene riesumato letteralmente persino il cattivo. Chiaramente l'autrice è affaticata, sta risentendo dell'"effetto Martin" al suo opposto. Se l'autore del trono di spade ha creato un mondo talmente complesso da non saper più come sfruttarlo, lei ne ha creato uno fin troppo semplice, e ricorre a ogni espediente per allungare ulteriormente un brodo già insipido.
Non finirò mai di ringraziare chi mi ha consigliato di partire dalla lettura della duologia dei Corvi, perché se avessi cominciato seguendo l'ordine cronologico probabilmente avrei gettato la spugna già da tempo. E a quanto pare non sono ancora arrivata a leggere il punto più ostico della questione, quello per cui tutti hanno odiato questa saga, che avverrà nel secondo volume. E io non faccio fatica a crederci, perché non credevo fosse possibile andare più in basso della trilogia principale, ma a quanto pare si può fare. Eccome se si può.
Se nella recensione di rovina e ascesa, poi, mi ero profusa in fior fior di spiegazioni per cui il libro non mi era piaciuto, qui non credo nemmeno sia necessario dilungarsi più di tanto, perché la verità è che sono fisicamente e mentalmente esausta. Ho saltato a piè pari i capitoli dedicati a Nina, perché la sua utilità si esaurisce a metà libro, e anche quelli di Isaak perché non portava alcuna utilità alla trama, che a un certo punto diventava talmente prevedibile che nemmeno la chimica tra Zoya e Nikolai e il colpo di scena verso la fine hanno potuto risollevarla.
In conclusione questo libro è un no. No, no e ancora no.
Nessun commento:
Posta un commento