Purtroppo a sto giro devo mettere questa avvertenza: farò spoiler lungo il percorso ai fini della recensione, quindi se siete sensibili e volete godervi meglio la lettura chiudete subito e non andate avanti. Vi basti solo sapere che questo libro è bello come il primo e va letto assolutamente. Quindi saluto qui quelli che non hanno ancora letto il primo libro con la speranza di ribeccarli presto.
A dire il vero potrei chiudere la recensione già qui perché quello che ho detto nel primo paragrafo è un buon riassunto dei miei pensieri, ma questa è una recensione e quindi mi sa che devo essere un po' più convincente nello spiegare perché questo libro mi è piaciuto.
Il primo libro aveva una conclusione devastante. Aveva preso il mio cuore e me lo aveva strappato dal petto, aprendomi una voragine. Mi ero riproposta di aspettare almeno un mesetto per elaborare il mio lutto e concentrarmi sulla sessione e su letture più leggere. Ma il mio piano è fallito miseramente, perché la verità è che sono masochista e mi piace soffrire. I libri leggeri possono aspettare, adesso ho bisogno di mattoni, ho bisogno di libri belli che mi diano la carica giusta. In un mondo in cui la regola è che la sessione invernale ti stronca ogni voglia di leggere qualcosa di più impegnativo del bugiardino delle medicine, io sono l'eccezione.
Quindi tiè, beccatevi questa recensione che conterrà tante lacrime e tanto sudore.
In questo secondo volume troviamo un Elend re alle prese con il mantenimento del potere. Non ha alcuna protezione ad eccezione di una banda di scappati di casa e di un gruppo di skaa mezzi morti di fame, viene minacciato su ogni fronte dalle casate nobiliari che, "giustamente", si chiedono che diritto abbia lui di essere re e dal suo stesso padre, che con un'arroganza che non credevo possibile nemmeno per i suoi standard, gli ingiunge di lasciargli il regno nel momento in cui verrà a reclamarlo. Se l'obiettivo di Sanderson era di farlo odiare, ci è riuscito anche troppo bene. Dovevi farmelo odiare, Brandon, non farmi venire voglia di entrare nel libro per accopparlo di persona. In questo secondo volume troviamo una Vin ancora più distrutta dalla vita che è alle prese con l'eredità che le ha lasciato Kelsier: morendo da martire per mano del Lord Reggente è stato elevato a dio degli skaa, e Vin è considerata la sua erede terrena. Finché ci sarà lei, credono gli skaa, loro saranno al sicuro: loro hanno passato la vita assoggettati alle tirannie del Reggente, è già tanto se hanno impugnato torce e forconi durante la ribellione dell'anno prima, previa la spintarella data da Kell, ma ora si trovano soli, spaesati e senza una guida. Non sanno cosa farsene della loro libertà. I mercanti hanno iniziato ad affacciarsi timidamente a Luthadel, è vero, e la stessa Vin è sorpresa di vedere tanti skaa girare liberi, ma ciò non toglie che la maggior parte stia ancora facendo la fame. Il regno di Elend è un regno "giovane", non particolarmente ricco, e senza le riserve di attium del Lord Reggente non sono così ricchi come si aspettavano e provvedere a tutti gli skaa è un'impresa.
Lo spettro di Kelsier poi continua ad aleggiare su di loro: tutti pensano a lui, a cos'avrebbe fato se si fosse trovato nella loro situazione, a quanto manchi a tutti (specialmente a Dox per quanto mi riguarda), ed Elend stesso si trova spesso a pensare a quanto sarebbe stato un re migliore di lui. Da parte mia, non ho ancora superato la sua morte: in un'occasione ho aperto il file del primo libro per ripassare la tabella sull'uso dell'allomanzia e confesso che qualche lacrima è scesa ancora, rileggendo il pezzo della sua morte. Sono masochista, lo so, e ci tengo a ricordarmelo a più riprese.
Menzione d'onore va a Sazed, che in questo libro è diventato il mio personaggio preferito insieme a Tindwyl. Loro sono gli studiosi, quelli che ti dicono quello che ti devono dire in faccia, dritto per dritto, perché hanno studiato e possono predire come andranno le cose. Sono sempre divisi tra il dovere verso il Sinodo e la "ribellione" agli ordini che ricevono quando ritengono che siano sbagliati e anche loro devono fare i conti con una vita di schiavitù da lasciarsi alle spalle per imparare a vivere come delle persone normali. Ma questo, più che un problema loro, è un problema dei nobili che sono abituati a ritenere i Terrisiani dei "semplici" maggiordomi, delle pecorelle che eseguiranno gli ordini senza controbattere perché sono docili e servizievoli. Ma Terrisiano non è sinonimo di "calpesta pure i miei diritti perché ti ho permesso di farlo quando c'era il Lord Reggente, un uomo di cui tutti avevano paura e da cui tutti si tenevano alla larga". Anche i Custodi hanno una dignità e sia Sazed che Tindwyl lo dimostrano con tutta la classe e l'eleganza di cui solo loro sono capaci.
Straff Venture poi è il candidato ufficiale a padre peggiore della storia. Non che nel primo volume lo credessi un santo, tentare a più riprese di uccidere tuo figlio non ti rende esattamente un genitore modello, ma la sua arroganza, il suo credere di riuscire facilmente a impadronirsi di Luthadel vanificando i sacrifici fatti dal figlio nell'arco di un anno mi ha fatto venire il nervoso. E la cosa peggiore è che aveva pure ragione. La forza non gli mancava e nemmeno l'opportunità, quando organizza un breve attacco a sorpresa per testare le difese cittadine dimostra che il piano organizzato da ciò che rimane della banda di Kelsier (ovvero tutti meno Kelsier) fa acqua da tutte le parti. Si sente la mancanza di un leader carismatico e le lezioni di Tindwyl possono mettere una pezza a questa mancanza solo fino a un certo punto. Il resto andrebbe costruito col tempo: tempo che manca, con tre eserciti che bussano alla tua porta con più o meno insistenza.
Però c'è un appunto che devo fare. Anzi due. E il secondo non è una pecca vera e propria perché mi rendo conto che era una cosa sensata da fare, ma è un tropo che non mi piace e che mi ha fatto venire voglia di entrare nel libro e prendere i personaggi a sberle per farli rinsavire, ma poi ci arriviamo.
La saga perfetta non esiste e se nel primo libro non c'era una cosa che fosse una a non funzionare, qui Sanderson è scivolato. Chiariamoci subito, questo libro rimane comunque bello e regge bene il confronto col primo, ma il personaggio di Zane era veramente necessario? Perché inserire un personaggio che è palesemente la brutta copia di Kelsier? Per inserire un nuovo Mistborn nel momento in cui ne abbiamo perso uno? Certi dettagli sono proprio identici alla personalità di Kell e altri è Vin stessa a sottolinearli (ma forse lì è il fatto che Vin non conosce altro Mistborn all'infuori di sé stessa e di Kelsier). Forse Sanderson ha risentito dell'effetto "Death Note": si è reso conto di aver fatto un errore ad ammazzare il protagonista (anche se per me in questo caso non è stato un errore, per quanto mi abbia fatto male: Kelsier doveva morire e lui stesso l'aveva messo in conto ben prima che il piano cominciasse) e l'ha rimpiazzato con una brutta copia. Come L e Near. E sì, capisco che Vin debba avere un mentore Mistborn su cui fare affidamento, ma che questo qualcuno sia uno sbarbatello che ha "preso il posto" del mio personaggio preferito non mi è andata giù. A maggior ragione se questo qualcuno si fa i film mentali su Vin nonostante lei non lo guardi nemmeno per sbaglio in quel modo e tutto il suo interesse a lui sia per il suo essere Mistborn e non perché è innamorata di lui. Il fatto che a lei non possa fregare meno di Zane l'ho apprezzato, Sanderson è caduto ma ha trovato il modo di cadere in piedi.
Il secondo punto che mi ha fatto arricciare un po' il naso è la mancanza di comunicazione tra Elend e Vin. Se capisco di più la reticenza di lei a confrontarsi con Elend, soprattutto a un certo punto intorno alla metà del libro, non capisco perché lui invece di parlarle preferisce tirarsi indietro. All'inizio poteva anche andare bene, lui aveva cose leggermente più gravi di cui preoccuparsi rispetto ai piccoli problemi di cuoreee, ma nel momento in cui viene sollevato di queste "cose più gravi", non voglio credere che non avesse cinque minuti da dedicare a Vin per chiarire le cose tra loro due. Continua a crearsi problemi con le sue stesse mani e mi fa una rabbia inimmaginabile che piuttosto che andare a parlare con Vin decida di recarsi da solo dal suo ex migliore amico che ha un esercito di Koloss corrotti pronti all'uso. Elend, amore mio, svegliati.
Leggendo le recensioni in giro avevo scoperto che questo libro sarebbe stato incentrato molto di più sulla politica e molto meno sulle "botte" e questa cosa mi spaventava: se il primo volume mi aveva mandata in blocco per ben due volte con le sue chiacchiere iniziali temevo che il problema si sarebbe ripresentato, ma la verità è che mi sono divertita un sacco a leggere tutte le congetture, tutti i piani e tutti i contro-piani che i vari personaggi facevano, pur sapendo che, almeno all'inizio, avrebbero incontrato qualche difficoltà. Ho apprezzato le varie evoluzioni dei personaggi, i loro dubbi e tutto ciò che li rendeva umani e con cui era facile empatizzare.
La spiegazione che viene data sul Baratro ha perfettamente senso, i dettagli combaciano tutti, e anche se temo di essere ancora piuttosto lontana da scoprire la verità, mi faccio bastare le piccole cose. Anche Vin Campione delle Ere ha senso e dato che il terzo volume (che tra l'altro è conclusivo della prima era di Mistborn) si intitola proprio "il campione delle ere" mi verranno date delle risposte, ritengo. Se c'è una cosa che Sanderson mi ha insegnato è che gli piace lasciare i suoi lettori con la curiosità in corpo. Schioccandoci le dita davanti agli occhi concentra la nostra attenzione dove vuole lui quando vuole lui: se vuoi provare a fare delle ipotesi sei il benvenuto, ma il dubbio di star pensando una marea di scemenze è sempre in agguato perché niente è così semplice come appare all'inizio.
Il finale poi mi ha dato le palpitazioni, non dico niente per correttezza verso chi non ha ancora letto questo libro però è davvero perfetto. In questo libro ha tutto senso, non c'è niente che non funzioni, tutti i dettagli che ci vengono dati trovano una risposta, prima o poi.
In sintesi, da questo libro ho tre considerazioni da fare: i personaggi sono scritti divinamente (anche se le "nuove entrate" potevano essere introdotte un po' meglio), la trama non è mai statica e il sistema magico è sviluppato divinamente, prima di introdurre poteri nuovi Sanderson si assicura di riuscire a sviluppare bene tutti quelli che ha già introdotto e più procedevo nella lettura più mi rendevo conto che i fantasy contemporanei devono solo imparare da Mistborn.
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