martedì 13 agosto 2024

"I fidanzati dell'inverno", un libro che viene presentato male



Mentre mi preparo a scrivere questa recensione, un dubbio mi assilla: c'è davvero bisogno che io la scriva? Questa, in fondo, non è una nuova uscita, chi devo convincere a leggere il libro in questione?

Poi mi vengono in mente tutte le recensioni che ho sentito a riguardo.

Ofelia è impacciata!

C'è lo slow burn!

Il worldbuilding!!!!!!!!!!!

Quindi mi viene in mente che sì, qualcosa da dire ce l'ho. Non perché devo convincere la gente a leggere questo libro (che per inciso è un bellissimo libro), ma perché devo levarmi qualche macigno dalla scarpa.

Il primo sassetto riguarda lo slow burn così ci leviamo subito quest'incombenza perché sento già le lamentele della gente che insinua che sia troppo aggressiva nei confronti del romance. A me è piaciuto. Nel senso, lo so, lo so (!), che in questo libro non succede niente dal punto di vista romantico tra Ofelia e Thorn (a parte un lievissimo, quasi impercettibile, intenerimento di lui nei confronti di lei) però sono stata piacevolmente colpita dal fatto che per una volta lo slow burn sia slow per davvero, dato che certi romanzi contemporanei ti vengono spacciati per quello che non sono e i due protagonisti si son già infilati la lingua in bocca per tre volte prima di metà romanzo. Qui invece la lentezza c'è e l'unico contatto fisico che c'è tra i due protagonisti è uno sfioramento in cinquecento pagine di libro. Sfioramento che avviene quando lei è travestita e ormai abbiamo ampiamente superato i tre quarti di romanzo. E io sono felice come una pasqua.

Il "problema" avviene sul resto. "Ofelia è impacciata" ho spesso sentito dire senza che mi venisse mai spiegato perché era così impacciata. E no, non è impacciata (l'ho ripetuto anche troppo spesso ma almeno così ci capiamo) perché così voi lettrici possiate farci i video su tiktok dicendo "troppo io". Metto subito in chiaro le cose, non c'è niente di male ad essere imbranati. Io stessa mi ritengo la persona con l'equilibrio peggiore sulla faccia della terra e non per niente uno dei miei primi kin letterari è stata Tonks. Però qui c'è un motivo se Ofelia è impacciata. E questo è perché Ofelia ha una malattia. Ha avuto un grave incidente da piccola e questo incidente l'ha lasciata menomata del suo senso dell'equilibrio. Soffre, se vogliamo, di una forma di labirintite, come mi è stato gentilmente suggerito durante una conversazione a riguardo su IG. Quindi, care lettrici, io frenerei un momento a dire "oddio mi somiglia troppo, è così imbranata", a meno che voi non soffriate di perdite dell'equilibrio da ricondursi a cause patologiche. O a meno che non siate rimaste intrappolate tra due dimensioni per ore. E quando descrivete un personaggio almeno descrivetelo nella sua completezza perché io a sentire "è impacciata" alzavo gli occhi al cielo credendo che Ofelia fosse l'ennesima protagonista che non sa fare due passi senza inciampare nei suoi stessi piedi perché sì, perché è caruccio vedere una che non sa stare in piedi e che deve essere salvata da sé stessa dal protagonista maschile.

Protagonista maschile che per dovere di trama compare troppo poco, mannaggia, ma che in ogni caso mi ha rubato il cuore. Thorn all'inizio è volutamente un personaggio ambiguo. Il narratore pur essendo esterno è focalizzato su Ofelia e Ofelia è una a cui affideresti il pin del tuo conto in banca sapendo di essere in una botte di ferro: perché lui non si fida e non le dice tutto subito? Perché sicuramente anche lui è traumatizzato. Forse convinto, durante la loro convivenza forzata a bordo dell'areonave prima e a Chiardiluna poi, condivide qualcosa su di sé e sul suo lavoro e allora si capisce qual è il problema: figlio bastardo, l'unica persona che sembra tollerarlo è sua zia che comunque è, da brava matrona, una persona molto fredda e parecchio ostile, abituata a impartire ordini e al fatto che la gente non le dia altra risposta che "sì signora" e sua nonna ha provato a soffocarlo quando aveva pochi mesi. Poi deve tenere d'occhio le finanze della famiglia e, da quanto ho capito, anche quelle delle personalità più in vista del Polo. Lui è l'unico, tra lui e quelli della sua famiglia, a impegnarsi per non menare quelli della sua famiglia, e devo dire che il proposito gli riesce bene. E poi in uno scontro lui perderebbe di sicuro: il suo potere è più debole di quello dei suoi fratellastri, anche la sua costituzione, sempre che abbia qualcosa a che fare coi poteri di questo mondo, non lascia ben sperare, e le cicatrici che gli segnano il volto sono un monito delle torture subite dai suoi stessi famigliari. Finalmente un protagonista musone che ha tutto sommato un buon motivo per esserlo e a cui io avrei tirato volentieri una pacca sulla spalla perché se la meritava.

Concludiamo questa recensione con un appunto sul worldbuilding. Se è vero che non mi piacciono i romanzi in cui ti viene spiegato tutto tutto tutto sull'ambientazione, è anche vero che non si può accennare una descrizione alle prime pagine e poi non spiegare più niente se non qualche accenno qua e là nel corso della storia. Come si suol dire, la verità sta nel mezzo. E io qui avrei preferito qualche spiegazione in più, almeno su cosa sono le arche, come si sono create, chi le ha create e soprattutto come sono strutturate. Va bene, questa è una saga e magari verrà fatta qualche sconvolgente rivelazione alla fine, però almeno l'ultimo punto poteva essere spiegato un po' meglio. Invece si sa solo che le arche son robe che fluttuano e che gli oggetti sulle arche hanno un'anima che i lettori riescono a interpretare. C'è qualcosa, o qualcuno, fuori da queste arche? Non si sa, e l'ambientazione un po' confusa (a tratti sembra di trovarsi nella Francia settecentesca, altre volte in un ambiente futuristico non meglio precisato con telefoni, ascensori e dirigibili) non aiuta.

Per adesso mi taccio. Mi taccio e vado a leggere il seguito.

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