domenica 28 settembre 2025

"Acque oscure", Debora Parisi

 

Questa lettura nasce da una collaborazione, quindi ringrazio l'autrice per avermi fornito una copia cartacea del libro.

Questo volume lo volevo comprare da un po' perché sono una fanatica della Scozia e anche del folclore quindi ci vuole davvero poco per conquistarmi, ma siccome sono una testona non mi convincevo mai effettivamente a comprarlo. E facevo male, perché mi stavo perdendo un buon fantasy con un finale allucinante e dei personaggi tutto sommato ben costruiti (soprattutto quel cuoricino di panna di Willy, il mentore della protagonista).

C'è solo un piccolo problemino, in tutto ciò: il libro è troppo corto. E in alcuni punti pecca di alcune ingenutà dovute soprattutto al fatto che questo sia il primo romanzo scritto dall'autrice (ma che sono figlie soprattutto del primo difetto).

Quando dico che il libro è troppo corto, intendo dire che per il mio modesto parere doveva risultare un romanzo lungo almeno il doppio, soprattutto viste tutte le tematiche che vengono affrontate al suo interno. Si parla infatti di una storia d'amore (che sarebbe potuta essere molto più interessante, una sorta di "Romeo e Giulietta" in chiave fantasy e moderna, se sviluppata coi giusti tempi, ma che in questo modo risulta un pelino affrettata e i personaggi hanno un po' poca chimica insieme, tutto si riduce a lei che è "diversa da tutte le altre" perché le piace leggere e andare al cinema e lui che è un bono da paura perché ha gli occhi azzurri come il mare, tanto per fare un esempio), di traumi dati da disastri ambientali causati dall'uomo (si parla imfatti del crollo della diga del Vajont, e quel punto l'ho trovato molto profondo e toccante), di deformità, del non sentirsi mai veramente appartenenti a una comunità precisa in quanto la protagonista è per metà umana e per metà anguana, una sorta di biscia di mare del folclore scozzese. La carne al fuoco è tanta, e 211 pagine sono poche per poter rendere giustizia a tutti questi temi; ciò non toglie che riconosca il potenziale dell'autrice e che leggerò qualcosa di più recente scritto da lei. Una cosa che però in tutta onestà non ho capito è la formattazione del romanzo, perché ho spesso trovato frasi in corsivo messe un po' a caso (nel senso che non riportavano pensieri o flashback, e in alcuni casi metà di una parola era in corsivo mentre l'altra metà era in corpo) e non capisco se sia un errore che poi nella versione finale è stato corretto o se sia presente anche nella versione finita, spiegazioni a riguardo sono molto ben accette.

Le ambientazioni sono a mio parere la parte migliore del libro, in generale le atmosfere e le sensazioni che i personaggi provano sono vere e realistiche, riportate molto bene e aiutano a rendere i personaggi più veri, e questa è secondo me la vera forza di una storia che va bene più per gli adolescenti (a quindici anni probabilmente l'avrei amata) che per gli adulti, nonostante la sfilza di avvertenze elencate a inizio libro (quella credo sia indispensabile, e soprattutto credo che stia alla discrezione del lettore decidere se un libro è adatto a lui o no) ma che comunque mi ha fatto passare ore piacevoli in compagnia dei suoi personaggi.

sabato 23 agosto 2025

"Madonna nera" di Germano Hell Greco

 

Lo giuro: io con questo libro ci ho provato in ogni modo possibile. Però non mi è piaciuto manco per sbaglio.

Di solito quando un romanzo non mi piace cerco comunque di trovare almeno un lato positivo che mi faccia capire di non aver perso tempo e soldi, ma con Madonna Nera ho fatto una fatica immane per arrivare a pagina 155 su 237 per poi dichiarare la disfatta con la coda tra le gambe e il morale a terra.

Le cose che a mio parere non funzionano sono in linea (molto) generale due, da cui derivano tutte le altre: la prima è che l'elemento horror nel senso stretto del termine non è pervenuto, in due terzi di libro c'è mezza scena di tensione (che a me non ha messo per niente tensione, la cosa più inquietante di questo libro è la copertina) e la questione è morta lì; la seconda è che il libro contiene delle gravi sviste lessicali e grammaticali che non mi spiego sinceramente. E non intendo dire che ci sono dei termini dialettali sparsi per il romanzo, quelli mi vanno benissimo, sono pochi e rendono l'ambientazione più solida e coerente. Intendo dire che non c'è un nesso logico tra le azioni dei personaggi e quello che dicono, anche perché ho trovato che quello che dicono spesso non ha un senso logico, rendendo la lettura straniante e creando intoppi allo scorrimento del romanzo (esempio banale che mi viene in mente su due piedi: due delle protagoniste a un certo punto si trovano a un funerale e una delle due commenta all'altra qualcosa sul fatto che la trova carina coi capelli sciolti e sul fatto che il lavandino di casa sta arrugginendo, per poi mettersi a parlare di danze macabre e affreschi ecclesiastici. Durante un funerale. Va bene...).

Quindi questo libro che poteva (e doveva) essere un ottimo horror a base religiosa (mi rendo conrto che non sia la cosa più innovativa di questo mondo, ma quanto meno poteva essere interessante vedere una storia di questo tipo trasposta in un'ambientazione italiana nella provincia pugliese) è l'ennesimo libro prodotto con lo stampino, senza un guizzo e senza una personalità, che alla fine non ti lascia niente di che.

venerdì 15 agosto 2025

"Gods of the wyrdwood", un libro che mi ha convinta a metà

 

Questo libro mi ha convinta solo a metà? Dai, facciamo un po' di più. Diciamo il 65%.

Gods of the wyrwood è un libro boschivo, perfetto da leggere nel periodo autunnale per le atmosfere che propone e le tematiche che tratta, quando le prime piogge iniziano a spezzare l'afa estiva e la nebbia aleggia sulla Padania come un lenzuolo bianco... questo forse è solo un "privilegio" mio e di quei poveri disgraziati che come me hanno la sfortuna di ritrovarsi in questa landa desolata. Non mi convincerete mai che questo è un bel posto in cui vivere, non mi avrete mai.

Ma torniamo a noi, il libro si presta molto bene alla costruzione dell'ambientazione, come ho già detto, e dei personaggi, Il protagonista, Cahan, e il Trion Venn (in realtà nel libro ci si riferisce a Venn col pronome they/them, ma in mancanza di una soluzione migliore che non coinvolga la schwa utilizzerò il "lui" generico e sovraesteso) e la monaca Udinny sono i tre protagonisti di questo romanzo e sono tutti e tre ben costruiti, in particolare Venn che ha una morale solida e mi è piaciuto per la sua anima pura e gentile nonostante le sofferenze a cui sua madre l'ha sottoposto da sempre a causa del forte potere che ha manifestato e che lei vorrebbe sfruttare per guadagnare ancora più forza e incutere più timore ai suoi sudditi. Da quello che si capisce, il mondo è a forte struttura matriarcale, c'è un senso di appartenenza alla comunità e chi non si è integrato (per scelta o per sfiga) non è ben visto.

Anche la questione religiosa è particolarmente presente. Se non veneri l'unico Dio, Tarl-an-Gig, che ha preso il posto della moltitudine di dei del passato, sei guardato storto, le persone provano a indottrinarti per farti cambiare idea, e se le due cose (il fatto di non appartenere a una comunità e di non venerare nessun dio in particolare) coincidono, apriti cielo. Ed è proprio per questo che a me Cahan piace, nonostante ci metta un po' a farsi voler bene (e poi mi spiego meglio quando parlerò delle cose che non mi sono piaciute), perché lui è emarginato, ma non è che gli interessi molto. Ovviamente gli pesano le occhiatacce che gli abitanti di Harn, il paesello nei pressi del quale vive, gli rivolgono ogni volta che è costretto a entrarci per vendere le pelli dei suoi capi di bestiame morti o le altre cose che produce per guadagnarsi da vivere, ma alla fine ci ha fatto un po' pace. La sua famiglia allargata (non è che sia spiegato proprio benissimo, ma da alcune allusioni si capisce che i nuclei familiari non si riducono ai genitori e i figli, ma anche a più mogli e mariti che convivono insieme praticando il poliamore) era una "senza tribù", e lui ha proseguito questa "tradizione" anche dopo essere uscito dal monastero di Zorir che cammina nel fuoco (è proprio così il nome del Dio), il Dio nel nome del quale è stato iniziato all'arte della guerra. Però lui rifiuta il suo potere e rifiuta di usarlo, soprattutto se di mezzo ci sono quei paesani rozzi che lo darebbero volentieri in pasto a chi lo sta cercando pur di levarselo di torno. La foresta è parte viva e presente del libro, fa parte della schiera dei personaggi tanto quanto Cahan & Co., fornisce energia, sostegno e protezione a chi sa come chiederglieli, la gente bigotta ha paura anche solo a pensare di metterci piede e al pensiero che qualcuno viva al di là di essa, ma saranno costretti a fare pace col loro cervello per salvare la propria vita.

I problemi per me si hanno soprattutto nel primo 25% e nell'ultimo 10% circa. L'ultimo 10% problematico è dato da un problema mio, le mie energie mentali sono crollate come succede spesso d'estate, mi sono fatta prendere dall'ansia di finirlo e ho iniziato a saltare le pagine. Non fate come me, leggere dev'essere un piacere e se non vi divertite a farlo non fatelo.

Però voglio concentrarmi sul primo quarto di libro, quel primo quarto di libro che secondo me, amplificato e approfondito a dovere, avrebbe potuto dare vita non dico per forza a un intero romanzo ma a una novella prequel come minimo. Avrebbe fatto capire meglio il passato di Cahan coi monaci, il suo modo di pensare (che comunque nel corso del tempo emerge in maniera più chiara, ma sulle prime stranisce), come sia possibile che cambia idea ogni cinque minuti eccetera. I passaggi da una scena all'altra sono netti, come dei tagli cinematografici che su carta reggono male il ritmo della storia, per poi passare a scene in cui ti iper descrive tutto, dalle foglie mosse dal vento alla luce che filtra dalla cupola di alberi. Che per carità, sono immagini stupende, se non avessi paura di non riuscire più ad uscire e di trovarmi di fronte bestie strane mi trasferirei in una foresta tipo subito, però rendono il ritmo molto zoppicante. Però dal 25% in avanti la trama diventa più lineare e comprensibile (ed è anche per questo che vorrei che la prima parte fosse stata staccata dal resto del libro), rendendo il libro una delle migliori letture migliori del mese.

sabato 21 giugno 2025

"Le notti di Cliffmouth, l'ombra del patrono", alias "a volte Marty si ricorda di continuare a leggere le saghe che comincia"

 

Lo ammetto: "luci verdi all'inferno" l'ho letto due anni fa precisi precisi quindi ho dovuto ripassare la trama prendendo come riferimento la mia stessa recensione (e nel dubbio ve la lascio qui così ve lo potete ripassare anche voi prima di rituffarvi a bomba tra i miei sproloqui sul secondo volume).

Probabilmente sarò molto ripetitiva perché anche per questo volume voglio partire lodando lo stile. Per essere alle sue prime esperienze come scrittore di romanzi, Mattia Manfredonia se la cava più che egregiamente: per dovere di cronaca, ho trovato alcune descrizioni lievemente ridondanti e pompose, ma per il resto lo stile regge benissimo la narrazione soprattutto quando si tratta di riportare le interazioni tra i personaggi e le ambientazioni, rendendo scorrevole la lettura delle 500 pagine di cui il romanzo è composto. Ho trovato in alcuni passaggi quello che a mio parere è un abuso di virgole, ma quella è pignoleria che comunque non intacca in alcun modo la lettura e chiedo umilmente scusa se risulto pedante a riguardo.

Per quanto riguarda i personaggi, oltre a quelli che mi avevano stregata già nel primo volume (uno su tutti Edward) ho apprezzato molto la decostruzione di Cordelia. Il suo essere cattiva ai limiti del razzismo nei confronti di Greta è una sua caratteristica dura a morire, non smette di essere tale solo perché la gente le dice di non esserlo, e il fatto che rimanga coerente a se stessa, almeno su questo aspetto, è un ottimo indice di quanto solidi e realistici siano i personaggi. La seconda sezione in particolare rappresenta un punto di svolta sulla narrazione ed è da lì che i personaggi, Cordelia in particolare, iniziano a mettersi in discussione. Magari avrei preferito che certe cose accadessero un po' prima, ma come si dice meglio tardi che mai quindi io non sono nessuno per lamentarmi.

La struttura investigativa del romanzo regge benissimo il confronto col primo volume, forte anche di tutte le migliorie di cui ho appena parlato e dello stile ottimo (al netto dei piccoli difetti a cui accennavo), e continua a ricordarmi una via di mezzo tra un romanzo sulla stessa lunghezza d'onda di "il nome della rosa" e un'avventura testuale.

Il finale secondo me è stato rappresentato piuttosto bene, anche se non condivido la scelta di spezzare la narrazione sulla battaglia rappresentando quasi tutti i pov (e penso soprattutto a Karjack, il cui unico scopo è dire "sono troppo stanco per combattere, però figo quel personaggio che ha un'abilità nascosta che ci torna molto utile in questo confronto!"), ma a parte questo posso dirmi soddisfatta, ricorda l'eclissi di Berserk in versione più piccola.

Al netto di tutto ciò, tirando le somme della recensione, posso dire che questo libro, per essere il primo scritto dall'autore (e per giunta un sequel) si difende molto bene e non vedo l'ora di leggere altri suoi libri.

mercoledì 28 maggio 2025

"Gemelle nel tempo", di Marilena Mazzilli.

 

Ho letto questo libro per una collaborazione, quindi la doverosa premessa è ribadire un grazie immenso all'autrice per avermi proposto di leggere il suo libro in cambio di una recensione onesta.

Recensione onesta che adesso arriva, quindi allacciamoci le cinture e cominciamo.

La storia prende il via in una notte del 1840, quando due losche figure femminili si incontrano con un certo signor Otkins, un orologiaio che ha perso la moglie e ne sente profondamente la mancanza. Otkins interagisce principalmente con una delle due donne, consegnandole un ingranaggio di orologio e due pendolini. In cambio di questi oggetti, gli è stata promessa la vita eterna, ma riuscirà a godersela senza la donna che ha amato?

Su richiesta della donna, l'uomo entra nella torre dell'orologio passando per la porta sul retro del castello e inserisce l'ingranaggio al suo posto. All'interno del castello, nel frattempo, Rosemary Countercry sta partorendo la sua prima figlia, a cui viene dato nome Elizabeth, e il parto va bene. Ma a mezzanotte l'orologio, che è rotto da tempo e nessuno è mai riuscito a riparare, batte i suoi rintocchi. E Rosemary scompare. Anni dopo, e riassumo per doveri di spazio e tempo, Elizabeth, ormai cresciuta, entra in società e conosce Alfred Soutersby, un Duca affascinante che ben presto diventerà suo marito. Ma quando arriva il momento di partorire le figlie gemelle che anni dopo i due hanno insieme, Rose, una delle due bimbe, sparisce nel nulla com'era stato per Rosemary anni prima. E com'era stato per Rosemary anni prima, nel momento in cui la bambina sparisce l'orologio suona. La storia poi si sviluppa seguendo le vicende di Bel Ercry una restauratrice e guida di museo che negli anni '70 viene chiamata nel castello della famiglia Countercry, ormai decaduta (e il mio riassunto si ferma qui per evitare di fare spoiler).

"Gemelle nel tempo" è il romanzo d'esordio di Marilena Mazzilli, che sviluppa in maniera egregia un'idea molto interessante. Da fan dei mattoni avrei preferito che ci fossero delle spiegazioni in più riguardo al funzionamento del sistema magico, in particolare per quanto riguarda il materiale con cui sono stati fatti i due pendoli e l'ingranaggio che vengono mostrati nel prologo (per ammissione degli stessi personaggi coinvolti il materiale è apposito per garantire gli sviluppi che vengono messi in scena nel corso del romanzo). Inoltre ho trovato che, complice anche l'inesperienza, spesso venga fatto un po' di info dumping, l'eccessiva descrizione di dettagli che potrebbero essere evitati (l'espressione, il colore e il taglio di capelli, il colore degli occhi e la postura di ogni singolo personaggio), ma d'altra parte, ad eccezione di qualche refuso che ho trovato (ma sono giusto un paio, un trent'enne e un altra scritto senza apostrofo), lo stile regge bene il ritmo della storia e non è mai pesante, sostiene bene i colpi di scena e soprattutto le ambientazioni (voi non capite quanto le ho amate, se mi si parla di castelli, nebbia e brughiera io parto per la tangente).

Questo secondo me è un perfetto romanzo soprattutto per un pubblico più giovane, per approcciarsi al genere e non vedo l'ora di seguire l'autrice in altre avventure (e sicuramente inizierò a recuperarmi gli altri romanzi del ciclo che sono stati pubblicati e dedicati ad altri castelli).

giovedì 15 maggio 2025

"La bellezza del vuoto", Giulia Calligola

 

Questo libro mi ha mandata in crisi.

Lo lessi per la prima volta credo sei anni fa, in occasione della sua seconda edizione (quella copertina rimane la mia preferita, però anche la composizione grafica di questa è stupenda aaaaaa) e l'avevo adorato, anche se, pur non sapendo spiegare perché, c'erano dei passaggi che non mi convincevano, che mi sembravano troppo affrettati.

Ma adesso, con questa riedizione, lo stile è migliorato. Già in "trecento danze" avevo notato un netto miglioramento nello stile di scrittura, ma adesso (potendo fare un confronto tra un'edizione più vecchia e questa) ne ho avuto la conferma. La trama sostanzialmente rimane la stessa, ma alcune scene sono state modificate, ne sono state aggiunte delle altre, il worldbuilding è stato ampliato e le personalità dei personaggi è stata delineata in maniera più netta. Amo questo libro come poche cose nella mia vita. Amo il processo di decostruzione di Caesar, che passa da assassino freddo e spietato a essere umano che si mette in discussione e ridimensiona tutta la sua morale (che già prima era discutibile, per carità, ma c'era ed era solida).

E allora perché mi manda in crisi? Perché è talmente bello che qualsiasi commento io possa fare mi sembra superfluo e persino stucchevole.

Mi sento solo di sottolineare due cose: la rappresentazione della disabilità di Morrigan (cieca dalla nascita e affetta da un morbo che piano piano le porterà via tutti gli altri sensi) è trattata con una sensibilità incredibile, che raramente si trova in un libro di questo tipo (e a onor del vero raramente la disabilità viene rappresentata nei libri, di qualsiasi genere essi siano e se viene fatto è un elemento marginale che poi finisce per essere accantonato o dimenticato nel corso della narrazione) e le scene più esplicite (siano esse di violenza fisica e/o psicologica o erotiche) sono tra le migliori che mi sia mai capitato di leggere.

Non so davvero che altro aggiungere (come al solito non inserirò la trama perché potete benissimo cercarvela da soli se vi interessano i dark fantasy molto dark), se non che questo è a mani basse nella top 5 dei libri migliori che ho letto quest'anno. E considerato che siamo solo a maggio questo mi pare un ottimo risultato.

mercoledì 14 maggio 2025

"Il vortice nero parte 2", Daniele Viaroli

 



Finalmente ci siamo. La ciccia è successa. Il dado è tratto. La battaglia per Crocevia, gli impiccetti in cui non si sa più chi sta da quale parte, le vicende che si intrecciano, i personaggi (che sono tanti) che se menano.

In questo libro succede larobba, e adesso che è successa io urlo, rido e piango insieme.

La trama è la diretta prosecuzione di quello che succede nel primo volume, i protagonisti sono sparpagliati per il multiverso per cercare di organizzare la resistenza alla guerra imminente, il tutto alternato degli interludi, che, lo ammetto, rimangono la mia parte preferita della storia.

Lo stile è scorrevole come sempre e alterna ancora una volta scene più serie a comicità idiota ma non per questo meno divertente.

Di sicuro lo stile regge bene gli spostamenti da un punto di vista all'altro e le voci dei vari personaggi sono nette e ben definite. Menzione di merito, in questo caso, va a Kaleros (credo ci vada qualche h in mezzo quindi chiedo umilmente scusa e perdono se ho scritto male, eroe della situazione e che ha retto magistralmente sulle sue spalle il pov dedicato a lui e Ana. Però anche quegli interludi mamma mia che belli che sono, Aeimundr e Odin sono la bromance che mi meritavo.

Qui vi lascio il commento alla prima parte del volume, la base è sempre quella. Adesso si aspetta il momento in cui potrò comprare il quarto volume in questo modo:



"Acque oscure", Debora Parisi

  Questa lettura nasce da una collaborazione, quindi ringrazio l'autrice per avermi fornito una copia cartacea del libro. Questo volume ...

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